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COMPORTAMENTO FESSURATIVO DI CALCESTRUZZI CON FIBRE IN PVA ED ADDITIVO SRA: comp
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Molteplici sono i motivi che possono portare il calcestruzzo alla fessurazione,
tuttavia l’instabilità volumetrica generata dal ritiro della matrice cementizia
è sicuramente una delle più usuali e frequenti cause dell’apparizione delle
fessure in una struttura in calcestruzzo armato. Questo avviene perché la
presenza di vincoli nella struttura impedisce il movimento di contrazione
generando tensioni di trazione all’interno del materiale. Siccome il
calcestruzzo è caratterizzato da una scarsa resistenza nei confronti degli
sforzi di trazione, molto frequentemente le deformazioni da ritiro portano alla
fessurazione.
1. INTRODUZIONE
L’entità delle tensioni di trazione che si sviluppano per effetto
dell’impedimento delle variazioni volumetriche del calcestruzzo è direttamente
proporzionale al ritiro lineare, quindi la riduzione di questa deformazione
consentirebbe un miglioramento del comportamento fessurativo. Una diminuzione
del ritiro del calcestruzzo può essere conseguita attraverso l’impiego di
additivi SRA (Shrinkage Reducing Admixture). Questi speciali additivi sono
attualmente disponibili sul mercato in una grande varietà di tipi. Anche se non
della stessa composizione, questi prodotti sono simili per natura e provocano
tutti la riduzione della tensione superficiale della soluzione presente nei pori
capillari della matrice cementizia.
Da Enco Journal n. 47 - 2009
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CALCESTRUZZO LEGGERO STRUTTURALE AUTOCOMPATTANTE (LS-SCC) PRODOTTO CON ARGILLA
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INTRODUZIONE
Il calcestruzzo leggero strutturale è apparso sul mercato dei materiali per
edilizia negli anni ’70 seguendo lo sviluppo tecnologico e produttivo
dell’argilla espansa che, come noto, è un materiale espanso ottenuto dalla
cottura di argille naturali all’interno di grandi forni rotanti a temperature
superiori a 1000°C.
Ciò che caratterizza questo materiale, impiegabile come aggregato nei
calcestruzzi, è la buona costanza qualitativa frutto dell’attenta selezione
delle materie prime e del rigido controllo del processo di produzione.
I vantaggi di produrre un calcestruzzo leggero strutturale a densità 1600-1900
kg/mc rispetto ad uno ordinario sono numerosi, sia dal punto di vista
ingegneristico che ambientale (1, 2).
Assai più recente invece è la comparsa del calcestruzzo autocompattante. Tale
prodotto è caratterizzato da prestazioni, in termini di lavorabilità,
eccezionali per non dire assolute poiché non richiede lavoro o energia per la
sua messa in opera, ma ha prerogative intrinseche di autocompattazione e
capacità di riempimento dei casseri sfruttando il solo peso proprio. La qualità
dell’SCC dipende principalmente da un corretto dosaggio delle polveri
comprensive di cemento, aggiunte minerali e passante a 0.125 mm proveniente
dalle sabbie. Di conseguenza, quando il contributo di queste ultime è
quantitativamente rilevante (es. sabbie di frantumazione, ormai sempre più
frequenti), una loro variazione granulometrica può compromettere profondamente
la robustezza e la stabilità degli impasti allo stato fresco.
Da Enco Journal n. 47 - 2009
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INFLUENZA DELLE CENERI DA CARTIERA SULLE PRESTAZIONI DI CALCESTRUZZI AUTOCOMPATT
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INTRODUZIONE
Il calcestruzzo autocompattante è caratterizzato da elevata fluidità
accompagnata da adeguata coesione dell’impasto, tali da consentirne la posa in
opera in assenza di vibrazione, evitando fenomeni di segregazione durante le
fasi di getto e successiva presa. Al fine di conseguire questi requisiti, di per
sé antitetici, è necessario introdurre nella miscela un volume piuttosto elevato
di materiali con finezza paragonabile a quella del cemento [Khayat e Guizani,
1997; Borsoi et al, 2006; Okamura e Ozawa, 2003], senza tuttavia eccedere nel
contenuto di cemento stesso, onde evitare problemi di durabilità legati allo
sviluppo del calore di idratazione o a fessurazioni per ritiro. Nel
confezionamento di calcestruzzi autocompattanti risulta quindi importante
l’impiego di aggiunte minerali, non necessariamente con attività pozzolanica, ma
caratterizzate da un finezza pari ad almeno quella del cemento [Borsoi et al,
2006; Troli et al, 2003]. Si tratta spesso di sottoprodotti industriali che,
essendo ben impiegabili anche per la produzione di cementi di miscela [EN
197-1], sono spesso difficili da reperire.
Da Enco Journal n. 47 - 2009
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CALCESTRUZZI A RITIRO COMPENSATO PER STRUTTURE SPECIALI
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INTRODUZIONE
Il presente articolo costituirce la prima parte di un più ambio lavoro dedicato
all’impiego di conglomerati a ritiro compensato nella realizzazione di opere in
calcestruzzo armato speciali al fine di prevenire la formazione di fessure
dovute alle coazioni prodotte dal ritiro igrometrico impedito.
In questa prima parte dell’articolo viene illustrato il principio di
funzionamento dei tipi di calcestruzzi a ritiro compensato esistenti ponendo
l’attenzione sulle differenze esistenti e sui limiti di utilizzo di alcuni di
essi. Vengono fornite, inoltre, indicazioni su come debbono essere progettati i
calcestruzzi a ritiro compensato al fine di prevenire la fessurazione delle
opere in c.a.
Nella seconda parte dell’articolo, che verrà pubblicata nel prossimo numero
della presente rivista, verranno descritti tre interessanti esempi di impiego di
calcestruzzi a ritiro compensato nella realizzazione di opere speciali.
Da Enco Journal n. 47 - 2009
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NTC: DUBBI SUL CALCESTRUZZO IN OPERA
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Forse la maggiore novità presente nelle Norme Tecniche per le Costruzioni (NTC) sulle opere in C.A. riguarda la resistenza meccanica che occorre raggiungere per il materiale estratto dalle strutture (carote) rispetto a quella misurata sui provini (“cubetti”) per la determinazione della resistenza caratteristica. A questo importantissimo problema sono dedicati due distinti paragrafi delle NTC (11.2.6 e 11.2.10.1) in apparente contrasto tra loro...
Da Enco journal n.47 - 2009
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INFLUENZA DELLA CENERE VOLANTE IN PRESENZA DI ADDITIVI CHIMICI SUL RITIRO DEL CA
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1. INTRODUZIONE
Il ritiro igrometrico (εr) è fonte di preoccupazione per la integrità del calcestruzzo. In presenza di vincoli il ritiro si tramuta in sollecitazione di trazione (σt) e quando questa supera la resistenza a trazione (Rt) del calcestruzzo il materiale si fessura con pregiudizio per la durabilità (1):
σt > Rt
Sono disponibili nella letteratura tecnica articoli sulla influenza della cenere volante sul ritiro autogeno (2-6) e su quello igrometrico (7-9) e questi articoli indicano che entrambi i tipi di ritiro diminuiscono quando il cemento Portland è sostituito dalla cenere, ancorché risultati opposti siano stati trovati da B. Ma e collaboratori (10).
Non sono disponibili in letteratura articoli sulla influenza congiunta della cenere volante e degli additivi chimici. Pertanto un obiettivo del lavoro di ricerca oggetto di questo articolo ha riguardato l’influenza della cenere volante sul ritiro igrometrico del calcestruzzo in presenza di additivi superfluidificanti (SF) e di SRA (Shrinkage-Reducing Admixture) i quali possono entrambi ridurre il ritiro igrometrico.
Da Enco Journal n. 46
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ANCORA DUBBI SULLE NORME TECNICHE PER LE COSTRUZIONI IN C.A. E C.A.P. (D.M. 14.0
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Seguito a ricevere richieste di interpretazione sulle responsabilità e gli obblighi del Progettista e del Direttore dei Lavori (DL) secondo le Norme Tecnche per le Costruzioni (NTC) emanate con DM del 14 Gennaio 2008 ed entrate definitivamente in vigore con il primo Luglio 2009.
Di seguito sono indicati i paragrafi (§) delle NTC e della relativa Circolare esplicativa delle NTC che descrivono e precisano gli obblighi del Progettista e del Direttore dei Lavori.
di Mario Collepardi Enco Journal n. 46
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RIALCALINIZZAZIONE ELETTROCHIMICA DELLE COLONNE IN CALCESTRUZZO ARMATO DEL CAMPA
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Le strutture storiche in calcestruzzo armato soffrono spesso di degrado da carbonatazione dovuto all’esposizione, da diversi decenni, ad ambienti rurali o urbani. La carbonatazione del calcestruzzo può indurre la corrosione delle armature e i conseguenti fenomeni di fessurazione, delaminazione e distacco del copriferro (Fig. 1), mettendo a rischio la funzionalità e la stabilità della struttura, oltre al suo aspetto estetico. Il restauro di strutture danneggiate dalla corrosione da carbonatazione consiste generalmente nella rimozione del calcestruzzo carbonatato e nella sua sostituzione con una malta alcalina (Fig. 2). Tuttavia, nel settore degli edifici storici e dei beni culturali viene spesso richiesto di conservare i materiali e le superfici originali. Da questo punto di vista, le tecniche elettrochimiche possono rappresentare un valido metodo poiché non necessitano della rimozione di tutto il calcestruzzo carbonatato: solo il calcestruzzo danneggiato deve essere rimosso. Il restante calcestruzzo, ancorché carbonatato, può essere lasciato in opera. La rialcalinizzazione elettrochimica è una tecnica (1-3) che si basa sull’applicazione di una corrente esterna all’armatura di acciaio; la corrente viene applicata attraverso un anodo temporaneo posto sulla superficie del calcestruzzo. L’obiettivo del metodo è quello di ripristinare l’alcalinità del calcestruzzo attraverso due effetti (4-7): la produzione di alcalinità alla superficie dell’armatura (dovuta alla corrente applicata, (8)) e l’ingresso dalla superficie esterna della soluzione alcalina in cui l’anodo è immerso. La rialcalinizzazione del calcestruzzo ricrea un ambiente favorevole alla ripassivazione dell’acciaio. Al termine del trattamento, l’anodo viene rimosso e la struttura è restaurata conservando per quanto possibile i materiali e le superfici originali (Fig. 3).
da Enco Journal n.46
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CORSI TELEMATICI ENCO
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Ad Ottobre ed a Novembre inizieranno i primi due CORSI TELEMATICI ENCO per il conseguimento del diploma di TECNICO DEL CALCESTRUZZO. Senza spese di trasferta e soggiorno: è possibile frequentare i Corsi comodamente da casa Senza obblighi di orari: il corso può essere frequentato nell’arco di un mese decidendo quali e quante lezione seguire per giorno E’ possibile comunicare con i docenti tramite e-mail per avere chiarimenti, e suggerimenti.
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ZEOLITI IN STRUTTURE PORTUALI DELL’ANTICA ROMA
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Le ragioni della lunga sopravvivenza della civiltà romana e della capacità di estendere e conservare il suo dominio su territori spesso distanti migliaia di chilometri, sono state e sono oggetto di molteplici discussioni e interpretazioni, non sempre del tutto concordanti. Su un fatto comunque, innegabile, convergono i giudizi degli studiosi: il successo che arrise alle istituzioni dell’antica Roma, Repubblica e poi Impero, fu dovuto in parte non trascurabile alla grande capacità dei suoi architetti e dei suoi costruttori di progettare e far eseguire a maestranze, peraltro ben addestrate e dotate di grande perizia, opere edilizie di notevole portata.
Alcuni degli straordinari monumenti dell’antica Roma ci sono giunti pressoché integri – e le mancanze sono spesso dovute più ad incuria e insensibilità degli antichi fruitori che alle ingiurie del tempo – ma, per quanto caratterizzate da minore visibilità, furono soprattutto le infrastrutture le opere che fecero grande la civiltà romana. Nella costruzione di vie di comunicazione, fondazioni, serbatoi e sottoservizi, strutture portuali, dighe, acquedotti, sistemi fognari ed altro, i Romani furono capaci di accoppiare ad una tecnica costruttiva di avanguardia, con soluzioni architettoniche di grande efficacia, una cura, per certi versi, maniacale nella scelta dei materiali, che finì per essere funzionale all’edificazione di strutture durevoli e dotate di grande solidità1.
da Enco Journal n.45
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